Con questo numero del nostro giornale vogliamo inaugurare un’altra nuova rubrica. Una rubrica che nelle nostre intenzioni sarà dedicata a tutte quelle persone, e sappiamo che sono veramente tante, che hanno un piccolo grande tesoro nascosto e a cui chiederemo di condividerlo, in parte, con tutta la nostra comunità di amici e lettori. La rubrica, che come vedete si chiama “Parole in libertà” ospiterà in ogni numero uno o più componimenti, che sia poesia o prosa, che voi vorrete inviarci. Ma per cominciare abbiamo scelto una storia che sta viaggiando per il mondo da diversi anni, su internet, nei telefonini, in varie testate giornalistiche, che parla di un uomo anziano morto nel reparto geriatrico di una casa di cura australiana. Nessuno pensava che quest’uomo avesse qualcosa di valore da lasciare in eredità, ma le infermiere, sistemando i suoi pochi averi, trovarono una poesia di una tale intensità da far si che tutto lo staff dell’ospedale ne volesse una copia. Dall’ospedale la poesia si diffuse ben presto nei quotidiani locali prima, nazionali poi e ora è diventata di dominio pubblico e viaggia da anni in tutto il mondo, attraverso vecchi e nuovi canali. Noi non sappiamo quanto di vero ci sia in questa storia, ma la poesia è tanto toccante che l’abbiamo scelta per aprire questa nuova rubrica.
Cosa vedi infermiera? Cosa vedete
Che cosa stai pensando mentre mi guardi?
Un povero vecchio
Non molto saggio
Con lo sguardo incerto e occhi lontani
Che schiva il cibo
E non dà risposte
E che quando provi a dirgli a voce alta
“almeno assaggia”
Sembra nulla gli importi di quello che fai per lui
Uno che perde sempre il calzino o la scarpa
Che ti resiste
Non permettendoti di occuparti di lui
Per fargli il bagno
Per alimentarlo
E la giornata diviene lunga
Ma cosa stai pensando?
E cosa vedi?
Apri gli occhi infermiera!
Perché tu non sembri davvero interessata a me
Ora ti dirò chi sono
Mentre me ne sto ancora seduto qui
A ricevere le tue attenzioni
Lasciandomi imboccare per compiacerti
Io sono un piccolo bambino di dieci anni
Con un padre
E una madre
Fratelli e sorelle che si voglion bene
Sono un ragazzo di sedici anni con le ali ai piedi
Che sogna presto di incontrare l’amore
A vent’anni sono già sposo
Il mio cuore batte forte
Giurando di mantenere fede alle sue promesse
A venticinque
Ho già un figlio mio
Che ha bisogno di me e di un tetto sicuro
Di una casa felice in cui crescere
Sono già un uomo di trent’anni
E mio figlio è cresciuto
Velocemente
Siamo molto legati uno all’altro
Da un sentimento
Che dovrebbe durare nel tempo
Ho poco più di quarant’anni
Mio figlio è ora un adulto
E se ne va
Ma la mia donna mi sta accanto
Per consolarmi affinché io non pianga
A poco più di cinquant’anni
I bambini mi giocano attorno alle ginocchia
Ancora una volta
Abbiamo con noi dei bambini
Io e la mia amata
Ma arrivano presto giorni bui
Mia moglie muore
Guardando al futuro rabbrividisco con terrore
Abbiamo allevato i nostri figli
E poi loro ne hanno allevati dei propri
E così penso agli anni vissuti
All’amore che ho conosciuto
Ora sono un uomo vecchio
E la natura è crudele
Si tratta di affrotnare la vecchiaia
Con lo sguardo di un pazzo
Il corpo lentamente si sbriciola
Grazia e vigore mi abbandonano
Ora c’è una pietra
Dove una volta ospitavo un cuore
Ma all’interno di questa vecchia carcassa
Un giovane uomo vive ancora
E così di nuovo il mio cuore martoriato si gonfia
Mi ricordo le gioie
Ricordo il dolore
Io vorrei amare
Amare e vivere ancora
Ma gli anni che restano sono pochissimi
Tutto è scivolato via
Veloce
E devo accettare il fatto che niente può durare
Quindi aprite gli occhi gente
Apriteli e guardate
Non un uomo vecchio
Avvicinatevi meglio e
Vedete ME!