È con grandissimo piacere che in questo nuovo numero del nostro giornale, riproponiamo questa rubrica, inaugurata nella scorsa edizione e dedicata ai lavori poetici e letterari che voi, nostri lettori, avete deciso e deciderete di inviarci.
Prima di tutto è doveroso ringraziare tutti quelli che ci hanno inviato materiale. Abbiamo davvero avuto modo di leggere cose bellissime, a volte commoventi, altre volte divertenti, ma che ci hanno sempre riempiti di emozioni. Nulla di ciò che ci avete inviato andrà perduto. Gli elaborati che non troveranno spazio sulle pagine del giornale saranno comunque pubblicati sul sito dell’Associazione.
Per questo numero abbiamo scelto una poesia che l’autrice ha voluto presentare nelle sue due lingue madri, ovvero l’Italiano e il Romagnolo.
CHI SONO IO?
Nella mia vita son stata farfalla, o ape,
Talmente mi piacciono i fiori, i colori.
O forse un grillo, per la voglia di saltare fossi.
Mi sarebbe piaciuto essere ranocchia,
Sempre in acqua, sempre a mollo.
Sono stata coniglio, ripieno di paura,
A volte persino lepre, con le orecchie tese,
In corsa per non farmi catturare.
Semmai son stata ragno non ho avuto poi tanta fortuna:
La tela era fitta di buchi: quanti ne son scappati!
Come un falco, certe volte ho volato alto,
Mi è piaciuto, sì, ma è durato poco.
Di sicuro son più cicala che formica
(E mia sorella sempre lì a rimbrottare!)
Adesso che son gatta, con quel po’di pelo bianco.
Adoro stare in casa, mentre fuori ringhia il mare.
Allora, visto come va il mondo
Meglio animale
Che essere umano.
Eppure, ogni giorno, ancora sogno.
CHI SOJA MÈ?
Int’la mi vita a sò steada una parpaia, o un’eava
Par queant c’um piés i fiur e i culur
O forsi un grél par la voja d’salté i foss.
Um srebb piasù d’resar una ranocia
Sempar int’l’acqua e sté sempr a mol
A so steada un cunej, pi d’paura
E d’al vuolt neca una livra, cun agl’urecc dréti
Cl’a scapa par no’s fé ciapé.
S’a so’ steada un reagn aj ò avù puoca furtona:
La mi tela l’era pina ad bus: jè schep in tent!
D’al vuolt aj’ò vulé in ealt, coma un falchèt
E um’è piasù, mo l’è duré puoc.
Ad sicur a so’ piò zgheala che furmiga
(E mi surela l’a n’a mai smès d’bravé!)
Adès c’a so una gata, cun queic pel bieac.
Um piès s’sté in ca, inteant che fura e rugia e mer.
Insoma, dop avé vest com cu s’è ardot e mond
L’è mej pinsé d’resar un animel
Piotost che un s-cién .
Neca se a sogn incora, tot i dè.
Mirta Contessi