In questa edizione vi presentiamo una favola, scritta da una delle nostre volontarie più attive, la favola del mese di novembre Giorgia, che ringraziamo tantissimo per averci concesso di pubblicarla
C’era una volta, in un campo molto grande, un angolo pieno di cianfrusaglie: ferro vecchio, utensili arrugginiti, porte scolorite e coi cardini rotti, insomma, un gran caos!
In mezzo a tutto quel caos, laggiù in fondo, quasi nascoste dall’erba alta, c’erano ammucchiate tante vecchie finestre: alcune coi vetri rotti, altre senza maniglie, ma sotto a tutte c’era una finestra piccola, ma così piccola che quasi non si vedeva. Era però ancora in buono stato, solo il vetro sembrava appannato; a guardarci bene, però, non era affatto appannato, si vedevano solo le scie lasciate dalle tante lumache che vi passeggiavano sopra, essendo tranquille senza essere disturbate, perché erano ben coperte da tutte le altre finestre e dall’erba alta, che di tanto serviva loro per farsi uno spuntino.
La piccola finestra ogni tanto si sentiva triste, non era contenta di non essere mai presa in considerazione, era molto dispiaciuta del fatto che nessuno si fermasse a guardarla o la prendesse in mano per farci un pensierino a come riutilizzarla.
Eppure lei si sentiva così carina!
Quando vedeva che le finestre più grandi, sue amiche, venivano scelte e portate via per essere sistemate di nuovo in qualche casa, la finestrina ci rimaneva sempre molto male, soprattutto se ad andarsene era proprio una di quelle più vicine a lei. In cuor suo sperava ogni volta di essere scelta pure lei perché era stanca di starsene sempre lì a farsi passeggiare sopra dalle lumache .
Un bel giorno, in quel grande cortile pieno di robe vecchie, si presentò una coppia di giovani, Giovanni e Gina; i due ragazzi si stavano sistemando una casetta in fondo al viale principale, vicino al ponte di ferro e avevano deciso di riutilizzare, anche per risparmiare, materiale di recupero. Erano alla ricerca di porte, finestre, piastrelle, lavandini e tutto quanto può servire per mettere su casa. Arrivati davanti al gran mucchio di finestre cominciarono a spostarle, selezionarle, a misurarne altezza e larghezza, a valutare lo stato dei vetri e della verniciatura.
Sotto tutte le altre fu Gina a vedere la piccola finestra; le piacque subito e rivolgendosi al ragazzo: «Guarda, Giovanni come è carina questa! Una volta ben lavata sarà come nuova!».
Giovanni rigirandosela tra le mani rispose: «Peccato che sia piccola, dove mai la potresti mettere? Difficile sistemarla con quella misura!».
Intanto Giovanni continuava a misurare e a concentrarsi sulle finestre più grandi, ma Gina, ancora con quella finestrina in mano, era sempre più convinta di portarla con sé, pensando ad alta voce diceva: «Forse se ti sistemiamo nel corridoio vicino al portone d’ingresso, potrei usarti per controllare chi bussa… Insomma, devo convincere Giovanni!
Ascoltami, Giovanni, guarda bene questa finestrina! Sai, io ho già pensato dove metterla…».
A quel punto fu interrotta anche in modo un po’ brusco da Giovanni; si sa, gli uomini sono convinti che per certi lavori le donne non siano portate e proprio per questo reagiscono spesso con modi rudi e seccati!
Ma sta a noi donne pretendere di essere ascoltate e considerate, non vi pare?
Il ragazzo rispose spazientito: «Ma dai, non vedi, è microscopica, non è a norma, non dà abbastanza luce! La commissione edilizia di sicuro non approverà, lo sai anche tu che con le nuove regole ci vogliono finestre grandi! Per favore, Gina ragiona, non continuare ad insistere inutilmente!»
Mentre il ragazzo e la ragazza discutevano, le uniche lumache rimaste si erano ritirate nel loro guscio, impaurite dal modo di parlare di Giovanni e piano piano una si avvicinò all’altra e le sussurrò: «Penso che stavolta sarà finita e perderemo la nostra bella postazione. Peccato, mi ci ero affezionata!». «Sì, hai ragione, prima che ne troviamo una altra cosi comoda! Pazienza!».
La piccola finestra, intanto, non sapeva se essere contenta che finalmente qualcuno l’avesse scelta, o se essere triste per le sue amiche lumache. Ad onor del vero, le lumache erano le uniche che le avevano fatto compagnia per tutto il tempo che era rimasta lì abbandonata.
Ma le cose cambiano per fortuna anche in meglio, e «Bando alla tristezza amiche mie!» disse alle lumache. «Come voi sapete, è da tanto che aspetto una nuova sistemazione, quindi cercate di essere felici per me; se vi è possibile, e senza fretta, potreste anche venirmi a trovare! La casa dove pare io vada non è lontana e, se ho ben capito, è circondata da una bella siepe, dove sicuramente troverete posto anche voi. Avanti, da brave, sorridete!»
Le lumache, incoraggiate da tanta felicità, misero finalmente fuori le loro corna e scuotendo la testa, come loro abitudine, cominciarono ad azzardare piccole strisciate in avanti verso la piccola maniglia.
Chissà, forse si stavano persuadendo, anzi, un paio di loro sembravano pure contente e bisbigliando una disse: «Ragazze, la nostra piccola ha finalmente trovato una sua nuova collocazione ed io sono sicura che staremo bene in quella siepe. Forza, cominciamo ad incamminarci, così prima si parte prima arriviamo; non facciamo storie, anzi, intoniamo la nostra canzone Lumaca, lumachina metti fuori la tua cornina…!».
Così cantando ben presto dalla piccola finestra sparirono tutte le lumache, lasciando dietro di sé nuove scie fresche fresche, che furono prontamente notate da Gina.
La ragazza, portando le sue ragioni e con qualche lusinga sulle sue doti artistiche, cercava di convincere definitivamente Giovanni, ancora un pochino scettico: «Guarda Giovanni, non ci sono più neppure le lumache! Si capisce proprio che è destinata a venire con noi; ce l’hanno lasciata libera! E poi, io credo, anzi sono sicurissima che, dopo che tu ne avrai pitturato la cornice, la finestrina farà un figurone!»
Giovanni, lusingato dall’ammirazione che la sua compagna nutriva per lui e per le sue capacità artistiche, piano piano cominciò a dire: «Beh, sì, vediamo, forse è vero, hai ragione tu; se spostando un pochino a sinistra il portone credo che… fammi dare un’occhiata alla piantina della casa. Qui, in questo punto, non mi sembra che sia sacrificata, anzi debbo convenire con te che darà molta più luce all’entrata. Sì, si può fare!»
Così dicendo si girò verso Gina, le diede un tenerissimo bacio sulla guancia, Gina non stava più nella pelle dalla contentezza e lo abbracciò forte forte e cacciando un «Evvaii! Ti prometto che la pulisco subito, così tu potrai cominciare al più presto a riverniciarla!»
Ad un tratto i due ragazzi sentirono un sospiro seguito da un «Finalmente ti sei deciso, ragazzo mio! E tu, brava Gina, sei riuscita ad usare gli argomenti giusti per convincere Giovanni. Per quel che riguarda me, vi assicuro che vi sarò sempre grata; era da tanto che aspettavo di essere scelta, ma ora sapete che vi dico? Sono felice di aver aspettato, ho capito che la pazienza, molte volte, dà più frutti che la fretta»
Morale: ok alla pazienza, ma con moderazione
Giorgia Sangiorgi
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