Mi chiamo Caterina, ho 68 anni e vivo a Ravenna, sono volontaria Auser dal 2001 e sono autista.
Per me Auser è stato principalmente un modo di uscire dall’isolamento seguito alla separazione. Grazie ad un’amica, che mi aveva segnalata, ho cominciato facendo un po’ di contabilità, dato che sono ragioniera e subito dopo con i primi accompagnamenti del Circolo di Ravenna, all’epoca utilizzavamo solo le nostre auto, eravamo proprio agli albori del servizio.
A tutt’oggi, anche se in misura minore, mi occupo di accompagnamenti e aiuto con documenti vari, soprattutto per gli anziani che hanno sempre tante cose da compilare e fanno fatica a tenere in ordine le carte.
Il servizio è gratificante perché imparati a conoscere le persone e le persone imparano a conoscere te e ad apprezzarti anche a livello personale. È una bella soddisfazione, quando vai a prendere qualcuno, sentirti dire «Oh! Che bello che è venuta lei!». Tra l’altro io sono una delle poche donne autiste e ci sarebbe davvero bisogno di una maggiore presenza femminile, perché le donne assistite sono tante e si sentirebbero più a loro agio se ad accompagnarle fosse un’altra donna.
Facendo la volontaria mi sono resa conto di come il mio servizio abbia soddisfatto un bisogno che non è solo il mero accompagnamento o disbrigo di pratiche, molte delle persone che assistiamo hanno proprio bisogno di parlare, sono tanti quelli che, quando possono, ti raccontano la loro vita e, anche in questo caso, una donna lo fa più volentieri con un’appartenente al proprio genere.
Di solito, soprattutto adesso che, per motivi di salute, presto servizio più saltuariamente, preferisco accompagnare le persone con la mia auto, perché così posso svolgere il servizio “completo”, cioè li accompagno e aspetto finché non hanno fatto quello che devono fare e poi li riporto a casa, un vero accompagnamento insomma e non il semplice trasporto, come spesso, a causa della grande richiesta e della scarsità di mezzi e di volontari, siamo costretti a fare.
Avere a che fare con le persone è sempre bello, poi ci sono persone carinissime con cui staresti tutto il giorno, che magari fanno anche lo sforzo di fare 100 metri a piedi per arrivare alla macchina, per non farti fare un giro in più, altri, invece, che sono più indisponenti, o si aspettano un servizio da chauffeur, ma questo è il carattere delle persone; a volte può scappare la pazienza, a me fortunatamente non scappa mai, è molto importante, se si sceglie questa strada, percorrerla in un certo modo, bisogna sempre avere disponibilità; quello che ti dice che è arrivato il momento di prendere una pausa, in ogni caso, è l’insofferenza: quando cominci a diventare insofferente nei confronti dell’anziano, quando ti rendi conto che certe cose ti danno fastidio, è ora di fermarsi un attimo.
Un giorno dovevo accompagnare una signora dal suo medico, si trattava di una persona che, prima di trovarsi in stato di necessità, guidava, quindi sapeva le strade e metteva bocca sul percorso che avevo scelto: «Perché passa di quì invece che di là?», «Perché c’è un senso unico, di là non ci si arriva», «Lo dice lei!». Allora, dato che quel giorno avevo tempo, ho fatto il percorso che stava caldeggiando, fino ad arrivare alla strada dove si trovava lo studio del suo medico, che però non potevamo imboccare perché era senso unico nella direzione opposta. La signora alla fine si è scusata e abbiamo fatto il giro dall’altra parte arrivando a destinazione. Siamo persone! Non tassisti. Ecco perché mi piacerebbe che avessimo più tempo da dedicare agli accompagnamenti, perché portare e andare a prendere diventa un lavoro di routine che, oltre ad essere meno simpatico, è anche più faticoso.
A chi deve scegliere se diventare o meno volontario posso dire che se lo deve sentire dentro; è una cosa gratificante, bisogna solo un po’ organizzarsi. Il problema, poi, sorge quando i volontari sono pochi, perché, se fossero di più, ognuno farebbe meno e sarebbe meno stancante. In ogni caso il volontariato ti da qualcosa e io sono molto contenta di essere una volontaria Auser.